Sono tutti nativi digitali, ma non facciamoli schiacciare dalla tecnologia
Mi trovo a scrivere su quest’argomento, perché è tornata l’attenzione su questo tema. Per quel che mi riguarda, non mi sono mai sottratta dalla criticità che tutti i nuovi strumenti richiedono. Diversamente da quando noi eravamo bambini, con canali e programmi dedicati, oggi c’è un’offerta così vasta che non è più possibile pensare di averne il controllo. Oltre alla Tv con i suoi innumerevoli canali, ci sono i cellulari ed i tablet che fanno ampia concorrenza. I ragazzi della scuola secondaria possono scaricare infinite applicazioni che li portano in mondi sconosciuti, non controllati, ma sicuramente affascinanti, quindi, ricercati. Per non parlare del senso di appartenenza appagato dai gruppi virtuali. Il Comitato “Media e minori” fatica a controllare il fluire dei programmi, perché le leggi cambiano e non propriamente a tutela dei nostri ragazzi, come evidenzia la testata giornalistica Avvenire del 4 giugno 2015. Noi privati dobbiamo, quindi, attivarci di più per nostro interesse. Oltre a proibire, che non porta mai a grandi risultati, se non al desiderio, come possiamo realmente operare?
Gli adulti interessati son in prima linea sicuramente i genitori che, riappropriandosi del loro ruolo educativo, non si accontenteranno più di lasciare i loro figli incustoditi nella fruizione dei media. Si può pensare di preparare insieme la cena, invece di lasciare i bambini di fronte allo schermo, si può proporre un disegno, un’attività insieme per il dopo cena, così da non rimanere ognuno isolato ad assorbire acriticamente i messaggi lanciati. Sicuramente ci viene chiesto di cambiare qualche abitudine, ma fa parte della responsabilità che ognuno si è assunto diventando genitore. Altri adulti coinvolti in seconda linea e su un fronte più tecnico sono gli insegnanti che, in quanto tali, usando i media nell’attività scolastica possono insegnare già ai bambini alcuni linguaggi usati e alcune tecniche dei media per non farsi adescare. Quest’approccio è quello della media education ed oggi, purtroppo, non sono molti gli adulti che pur usando questi canali sarebbero in grado di spiegare certi segreti che servirebbero per proteggerci e per essere consapevoli di ciò che accade inserendo un profilo in internet o caricando delle foto. Pensando al facile ricorrere dei ragazzi alle foto da pubblicare, sicuramente la loro partecipazione ai media è più alta della nostra, ma l’approccio che si è diffuso legato più al gioco che allo strumento per ricercare dovrebbe interrogarci sulla nostra assenza. Non notiamo molte distinzioni nell’accendere un tablet per giocare e rimanervi “incollato” piuttosto che andare in sala giochi o alle macchinette dei bar. Eppure i casi di dipendenza da gioco sono sempre più diffusi, se forse avvicinassimo i minori a questi nuovi strumenti con un altro criterio, più critico e responsabile non ci vanteremmo e non troveremmo geniale un bambino di due anni che sa accendere un tablet e lo sa usare. Il livello di competenza richiesto è così istintivo che un bimbo, naturalmente portato ad esplorare il mondo con il tatto, si trova a suo agio in questa continua interazione tra la sua azione e la risposta fornita dall’apparecchio elettronico. Sosteniamo l’iniziale interazione per altro dal gioco, così lo strumento non sarà il gioco.